Ho paura, mio dolce amore.
Unica speranza mia.
Mia guarigione che prima morde e poi cura.
Solo tu puoi salvarmi dal mio fuggire.
Scappo l’aderire e così mi perdo la pienezza.
Temo l’invischiare del miele, negandomi il nettare.
Mi condanno alla povertà della frenesia,
per il terrore dello stare.
Così tanto amo il mare da evitare il porto.
Ma poi in fondo lo so:
è solo nel tuo porto che potrò prendere il largo.
Lo so.
Ma so anche che non ce la farò.
Non ce la farò mai senza il tuo aiuto.
Senza un tuo credere in me, quando non c’è più nulla in cui credere.
Senza un tuo restare porto… con le braccia allargate al venire e all’andare.
Farmi entrare ed uscire, infinite volte.
Solo affinché io possa scoprire che non è solo là fuori, il mare.
Che ci sono oceani interni, tutti da esplorare.
Impossibili da esaurire.
Che da solo sono libero, ma che sono libero e solo.
Che il dentro fa paura, ma che si può imparare.
Ma senza di te non ce la farò.
Se ti farai stancare dalle mie incoerenze.
Non ce la farò.
Se ti farai confondere dal mio sparire, dopo il mio assediarti ed incantarti.
Se crederai alle mie parole spaventate,
quando ti offenderò per non mostrare a me stesso la mia impotenza.
Non ce la farò.
Se scambierai le mie paralisi per disinteresse,
come se il mio cuore fosse perso altrove.
Non ce la farò se crederai ai tuoi demoni,
che mi descriveranno come sembro:
ladro meschino, incapace di onore;
invece di come sono:
un coniglio affannato che si sente braccare.
È da quando ero piccolo che fuggo.
Abbracci troppo stretti, cuori troppo grandi.
Stai qui sotto le ali e tutto andrà bene.
Si, tutto andrà bene:
basterà esserci, basterà seguirvi, basterà fare il buono,
basterà assomigliarvi.
Non chiedevate niente di ingiusto in fondo.
E il freddo della notte mi faceva paura.
Ma poi sotto la coperta,
in tutto quel calore, si, mi sentivo al sicuro,
ma non riuscivo a respirare.
Perché l’umanità non ha ancora inventato un amore cielo?
Di quelli che voli e ti nutri di orizzonte.
Perché finiamo sempre in amori casa?
Quelli che tengono al sicuro:
porta chiusa e dispensa piena.
Ma poi le stelle le devi guardare dai vetri.
Ti prego amore mio, aspettami.
Magari un giorno ce lo inventeremo insieme
un amore come i templi antichi,
fatti di colonne e vento,
un luogo sacro che non ha bisogno di muri
per farti sentire tra le braccia di un dio.
Ma prima dovrò trovare il coraggio di entrare.
E non ce la farò mai senza il tuo pazientare.
Solo tu potrai salvarmi da me stesso,
dal mio girovagare senza semi né frutti.
Ti chiedo perdono.
So a quali spine costringo il tuo cuore.
Ma ti giuro, non lo farei mai, se sapessi come fare.
E alla fine è solo questo che rimane.
Sono intrappolato dentro di me,
e solo tu potrai liberarmi.
Ti prego amore mio, se puoi, se riesci,
non cedere all’odio,
anche se ne avresti ragione.
E scusami, prima ho detto male:
non aspettarmi, non me lo merito,
né posso prometterti che arriverò.
Non importa quanto vorrei,
la verità è che forse comunque non ce la farò.
Te la devo la verità.
Questa verità, te la devo.
Fai la tua vita, abbi cura di te,
tessi le tue tele, godi di ogni cosa che puoi,
e segui i tuoi sentieri.
Ma, se puoi, se vuoi,
pensami ogni tanto,
e non mettere catenacci al tuo cuore.
Non sarebbe giusto per lui.
Hai il diritto di amare.
Lascia un lumicino alla finestra,
per chi finalmente te lo possa venire a consolare.
E chissà che una notte,
magari io non ritrovi la strada e il coraggio.
Forse sarà troppo tardi certo, lo riesco a capire.
Ma forse no.
Forse ti vedrò sorridere vedendomi arrivare.
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Bruno
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