L’illusione, il gioco e l’amore.
Donarsi davvero all’amore, non è facile.
Se da una parte lo cerchiamo, molte parti di noi stessi, inconsciamente, lo rifuggono.
Perché amare è nello stesso tempo urgente, meraviglioso, necessario, ma anche doloroso, difficile, faticoso e terrorizzante.
E questo per moltissime ragioni.
Ma soprattutto per una, che le racchiude tutte:
amare ci illude.
Cioè ci mette in gioco.
Dal latino: in-ludere, da ludus, entrare nel gioco.
E, illudendoci, ci espone alla delusione (de-ludere, uscire dal gioco): la dolorosa doccia fredda di vedere tradite le aspettative che il gioco ci prometteva.
‘Mettersi in gioco’ ed ‘illudersi’ hanno nella relazione affettiva una valenza che li collega perché, quando entriamo dentro una relazione, ci entriamo con il nostro io, un io portatore di molte illusioni.
Illusioni che sono fondamentalmente legate ad una iniziale e naturale percezione egocentrica di ciò che ci circonda.
Dunque è l’illudersi, il mettersi in gioco immersi nei “sogni dell’io”, che ci permette di incontrare “l’altro da noi” per poi, attraversando le delusioni che ciò inevitabilmente comporta, conquistare davvero la realtà (cfr. Donald Winnicott, Gioco e realtà).
Dentro la relazione affettiva infatti i nostri amati, i nostri “oggetti d’amore”, infliggono ripetuti colpi alle nostre aspettative e ai nostri bisogni, producendo innumerevoli azioni da noi inattese ed indesiderate.
Sono proprio le ferite relazionali che subiamo all’interno di una vicinanza affettiva a permetterci la trasformazione “dell’oggetto amato” in “soggetto amato”: questo perché il suo ferirci ci costringe, senza vie di fuga, a considerare l’altra persona come essere animato, in continuo flusso e quindi fuori da qualsiasi nostra pretesa ed illusione di controllo.
Solo il crollo inesorabile di questa illusione ci apre la strada a cogliere veramente l’altro come persona libera e fine a se stessa, con piena legittimità di qualsivoglia sua istanza identitaria, ovvero individuo che ha il pieno diritto della sua diversità e del suo unico ed inviolabile viaggio esistenziale (anche quando detto viaggio disattende ciò che noi desideriamo).
Naturalmente questo processo di “acquisizione di realtà” e di comprensione della sacralità intoccabile dell’altro, si compie solo se resistiamo abbastanza a lungo nell’estenuante percorso di legame e se traiamo passaggi di crescita dalle dure prove che il cammino ci costringe ad affrontare.
Ecco quindi il viaggio dell’amore: illudersi, ovvero ‘mettersi in gioco insieme ai propri sogni’, per poi esporsi alla delusione, uscendo così dal “gioco sognante”, per entrare infine nella realtà della relazione, con lo scopo di arrivare ad amare l’altro come persona sacra fine a se stessa (e non finalizzata alla realizzazione della nostra felicità).
Illudersi dunque, per poter entrare nella delusione.
E questo è amare: venire delusi, eppure continuare ad amare lo stesso.
Cioè confrontarsi con gli errori dell’altro, le disattenzioni, le stanchezze, le fragilità, i vittimismi, le aggressioni, le ambivalenze, le fughe, le rabbie, i tradimenti, le prevaricazioni, eppure (pur lottando contro tutto questo, cercando di proteggersi e di modificarlo) non smettere comunque di tentare di amare.
Non arrendersi. Non cedere alla tentazione di credere che con un’altra persona sarebbe più facile o migliore. Essere delusi, eppure accettare la caduta della maschera e continuare il cammino di incontro con la persona reale.
Ma non è solo accettare di essere delusi, la difficoltà del percorso di unione.
C’è n’è un altra forse ancora più difficile da sopportare: accettare di deludere, ma amare lo stesso.
Amare è accettare l’incontro con l’altro nella consapevolezza che la nostra diversità e il nostro “reale essere” (anziché il nostro “ideale essere”), produrrà dolore nella persona amata.
È accettare che non riusciremo ad avere cura dell’altro quanto avremmo voluto.
È accettare che non riusciremo a difenderlo del tutto da noi stessi, che non riusciremo ad evitargli ferite che noi stessi gli infliggeremo.
È accettare che non riusciremo a farlo felice quanto la nostra “illusione di noi” avrebbe voluto.
Ed amare, di nuovo, è accettare tutto questo e decidere di provarci lo stesso.
Ma all’appello manca ancora una difficile delusione da superare: amare non è solo accettare di deludere, ma anche di deludersi.
È accettare di denudarci a noi stessi, rivelarci al nostro sguardo al di fuori del “sogno di noi”, per accedere ad una realtà di noi molto meno nobile e ammirabile di quanto avremmo sperato.
Amare è accettare questo logorante percorso di spoliazione che ci espliciterà a noi e all’altro in tutti i nostri limiti, egoismi, vulnerabilità, pulsioni, fragilità, avidità, vizi, corruzioni, dipendenze, contraddizioni, ambiguità, meschinità; non senza tutta la nostra luce, ma certamente insieme a tutte le nostre tenebre.
Ovvero nella nostra sublime quanto infima, umanità.
La nostra sacra umanità.
In sintesi dunque questo è l’amore: scoprire di essere incapaci di amare, scoprire che anche l’altro è incapace di amare, provare profondo dolore, ma continuare a tentare lo stesso.
Perché la verità è che non siamo come sogniamo di essere, ma siamo come siamo.
E se la natura ci ha fatto come ci ha fatto, ci ha però, contrariamente ad altre forme di vita, dotato di una mente e di una immaginazione capaci di sognarci migliori.
Di sperarci migliori.
Addirittura con un bisogno lacerante, di essere migliori.
La natura ci ha instillato un bisogno di essere belli di una bellezza che però poi non ci ha fornito.
Ci ha permesso di sognare una bellezza umana più grande di quella che realmente ci appartiene.
Ma ha fatto anche un’altra cosa:
ci ha donato una strada per cercare di crearla, questa bellezza.
E questa strada è l’amore.
Ma per compiere questo viaggio di creazione di bellezza dobbiamo donarci all’amore ed alle sue prove:
– metterci completamente in gioco, con tutte le nostre illusioni;
– vivere fino in fondo il calvario della delusione, che ci poterà dalle pretese e ci infliggerà la morte delle nostre aspettative;
– farci carico delle parti peggiori di noi, imparando come prendercene cura in noi e nell’altro.
Ed ecco allora che se noi ci doneremo all’amore, l’amore ci donerà a noi stessi.
Perché l’amore è il luogo dell’umano in cui la realtà di ciò che siamo, può trasformarci nella bellezza che sogniamo di essere.
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Vi chiedo di NON copiare e incollare, gentilmente.
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Bruno