Una relazione stretta non può funzionare senza fare qualcosa in favore dell’altro.
Anche alcune cose che non avremmo fatto se eravamo soli, cioè cose che non ci vengono “naturali” e spontanee.
Cose che non sono mosse dal desiderio di far felici noi, ma dal desiderio di far felice la persona che amiamo.
Cioè un “muoversi oltre sé” per “andare verso l’altro”.
Ci sono esigenze dell’altro a cui è necessario dare qualche risposta.
Ci sono esigenze nostre a cui è necessario che, in qualche modo e misura, l’altro dia risposta.
Se non facciamo alcune cose indispensabili l’uno per l’altro, la relazione non sarà sostenibile, perché entreremo in una sofferenza che andrà ad accumularsi e, prima o poi, il nostro tentativo di unione fallirà.
Un altro problema però è che noi non sappiamo “leggerci nel pensiero”.
Per cui, se abbiamo una esigenza che necessita dell’altro per essere soddisfatta, è necessario fargliela sapere attraverso una RICHIESTA.
Farsi RICHIESTE reciproche nella relazione è inevitabile e indispensabile.
Però nella relazione stretta è necessario salvare contemporaneamente “capra e cavoli”.
Salvare sia i “cavoli”, ovvero la sostenibilità pratica del vivere, le risposte ai nostri bisogni.
Sia salvare le “capre”, ovvero il clima affettivo della relazione, il sentirsi liberi e non obbligati, la necessità di non percepirci usati per degli scopi ma amati in modo disinteressato.
Insomma nella relazione stretta dobbiamo salvare sia la sostenibilità concreta (risposta ai bisogni), sia il vissuto affettivo (risposta ai sentimenti).
Per salvare i bisogni c’è bisogno di esprimere RICHIESTE all’interno del dialogo relazionale.
Per salvare i sentimenti, è necessario non portare PRETESE all’interno del dialogo relazionale.
Insomma la risposta alle richieste deve essere fondata sulla libertà e sul desiderio, altrimenti sarà veleno che intossicherà il rapporto.
Se invece di fare richieste, portiamo pretese, stiamo impedendo noi stessi l’emergere nell’altra persona di una risposta basata su libertà e desiderio.
Purtroppo spesso non sappiamo distinguere le richieste dalle pretese, con il risultato di oscillare tra posizioni remissive (non so chiedere ciò di cui ho bisogno), e posizioni aggressive (non so esprimere richieste senza farlo nella modalità della pretesa).
Il problema è che richiedere usando la pretesa alla fine ci farà perdere sia le “capre” che i “cavoli”, perderemo cioè sia i sentimenti” che “i bisogni”. Nel senso che all’inzio potremo pure ricevere risposta ai bisogni, ma dopo un po’ si deterioreranno i sentimenti, e ad un certo punto verrà chiuso anche il “rubinetto” che dava risposta ai bisogni.
Detto più semplicemente: la pretesa, dopo un primo periodo in cui può sembrare che funzioni, inizierà presto a produrre una forza di opposizione uguale e contraria.
Insomma: «più pretendo, meno avrò».
Inoltre «più pretendo, meno ci ameremo» (cioè peggiori saranno i nostri sentimenti reciproci).
Per queste ragioni possiamo dire che la PRETESA è uno dei principali KILLER dell’amore.
Ma “smettere di chiedere” non è la risposta.
La risposta è imparare a chiedere, senza pretendere.
E ciò richiede la consapevolezza di saper distinguere bene tra le due cose.
Ci sono molti segni che potrebbero rivelarci che stiamo portando una PRETESA, camuffata da richiesta, ma tra tutti il più chiaro ed onnipresente è questo:
mentre chiediamo un “Sì” a qualcosa di cui abbiamo bisogno, siamo sinceramente pronti a sopportare un “no”?
Ricevere un “no” non significa che dovremo arrenderci e rinunciare al nostro bisogno.
Significa solo che sarà necessario un lavoro aggiuntivo di comprensione, empatia, dialogo e creatività, per rendere compatibile il mio bisogno con la tua possibilità di corrispondergli.
Se siamo in una relazione stretta e affettiva, tu hai infinite ragioni tue per cercare di dare risposta ai miei bisogni, ragioni che si incarnano in spinte fortissime dentro di te.
Tant’è vero che tutti noi in molti momenti finiamo in posizione remissiva, cioè per colpa di queste spinte interne rinunciamo ai nostri bisogni per andare incontro all’altro.
Questo succede a tutti.
Cercare di dare risposta ai bisogni dell’altro non è quindi una scelta, bensì un “must” interno molto radicato e potente presente in tutti noi esseri umani.
Cercare di dare risposta ai bisogni dell’altro significa sentire la necessità a volte di non mangiare il cavolo, ma darlo alla capra, se vogliamo che domani la capra sia ancora viva e sana per poterci dare il latte.
Ci sacrifichiamo per la “capra” non solo per amore e altruismo, ma anche perché poi vogliamo il latte da lei.
C’è una saggezza profonda in tutti noi che percepisce, anche se inconsciamente, il fatto di vivere dentro ad una “causalità circolare”, dove se io non dò risposta a te, tu poi non potrai o non vorrai dare risposta a me.
Dunque se l’altro dice “no” ad una nostra richiesta, non vuol dire affatto che non gliene frega nulla di noi, vuol dire solo che qualcosa nella nostra richiesta gli rende impossibile o troppo doloroso o pauroso, corrispondere al nostro bisogno.
Perché la nostra richiesta e il nostro bisogno non sono esattamente la stessa cosa.
A volte è solo qualche particolare della nostra richiesta a “non far passare” il bisogno.
Come un asino che debba attraversare una porta stretta del fienile per arrivare alla mangiatoia, ma abbia legato sul dorso un qualche “carico largo” che gli impedisce di passare.
Una PRETESA è quando non so FERMARMI.
Non so fermarmi per riflettere in cosa consista quel “carico largo” che mi sta impedendo di passare dalla “porta della disponibilità dell’altro”.
Perché l’altro una “porta per i miei bisogni” la lascia sempre aperta. Una “porta” che possa permettere l’accesso alla sua “biada” per “farmi felice”.
L’altro vorrebbe tantissimo farci entrare, e molto spesso non è la sua porta di disponibilità ad essere troppo stretta, ma qualche “spuntone troppo largo della nostra pretesa”, ad impedirci di accedere.
“Spuntone troppo largo” che può riguardare qualche “aspetto collaterale concreto” della nostra richiesta, che la rende per l’altro troppo scomoda o difficile da sostenere;
oppure che riguarda il “modo” in cui l’abbiamo portata, che ferisce troppo i suoi sentimenti e attiva troppo la paura di essere soltanto uno strumento utile, e non una persona amata.
Questa è la differenza tra Richiesta e Pretesa.
La richiesta prende in considerazione la possibilità di non essere esaudita e, di fronte ad un impedimento, si ferma per comprendere meglio e cercare soluzione.
La pretesa invece non prende in considerazione la possibilità di non essere esaudita e, di fronte ad un impedimento, non si ferma, ma spinge più forte.
Spinge più forte come quell’asino che non riesce a passare.
E la pretesa, per spingere più forte, usa le più svariate “armi relazionali”: disapprovazione, ricatto, giudizio, minaccia, manipolazione, seduzione, senso di colpa, inganno, ecc.
E tutto ciò UCCIDERÀ l’unione.
Quindi per distinguere se di solito utilizzo richieste o pretese, devo controllare se quando ricevo un “no” totale o parziale, sono capace di fermarmi senza rabbia ed amarezza, utilizzando un’empatia verso l’altro per accogliere le ragioni del suo no, e poi cercare con calma una soluzione.
Se non accetto il “no”, se di fronte ad un “no” spingo di più, allora sono nella pretesa. E andrà male.
Il chiedere, invece, prevede un fermarsi, un avere pazienza.
Prevede un utilizzare il “no” dell’altro come un aiuto per la nostra esigenza di “salvare capra e cavoli”, salvare nella relazione sia bisogni che sentimenti.
Il “no” dell’altro mi aiuta a capire dove siano con precisione gli “stipiti della porta del fienile”, e mi aiuta a vedere cosa, sulla groppa dell’asino, sta impedendo all’asino di passare.
Ascoltare il “no” dell’altro mi permette di cambiare qualcosa, nel MODO o nella FORMA della mia richiesta, per favorire il raggiungimento della SOSTANZA del mio bisogno.
Per permettere all’asino di arrivare alla biada.
NON CHIEDERE non aiuta: l’altro non mi sa leggere nella mente.
PRETENDERE non aiuta: il senso di assedio e soffocamento che produce, prima o poi ucciderà l’unione.
Devo imparare a “chiedere senza pretendere”.
A stare in una “agilità dell’anima”, piena di fede e pazienza, che sappia perseguire i propri bisogni e desideri con tenacia, ma senza fretta e senza alcuna percezione di diritto.
Questo è il punto cruciale:
Chiedere senza alcuna percezione di diritto.
Solo così darò una speranza al futuro del nostro amore.
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Grazie quando vi fa piacere condividere.
Bruno
2 risposte su “Richiesta o Pretesa”
Agilità dell’anima come Fede e pazienza, senza fretta o percezione di diritto
Mantra da maturare dentro, per cambiare fuori
Ti abbraccio Bruno
sì… grazie adele…