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Non farmi del male

A volte ciò che fai mi fa male.
In quel momento , io non me ne accorgo, ma sto di fronte a un bivio:
di fronte al tuo farmi male,
o lotterò perchè sia rispettato il mio ego,
o lotterò per stare bene insieme.
Quando lotto perché sia rispettato il mio ego chiederò a te di essere migliore.
Te lo chiederò gentilmente, oppure te lo chiederò aggressivamente.
Purtroppo in entrambi i casi il risultato non cambierà, perché io sto chiedendo a te di essere migliore di ciò che sei.
E se mi fermassi un momento a leggere bene questa frase mi accorgerei che è una richiesta paradossale, cioè impossibile:
non essere ciò che sei.
Come mai potresti riuscirci?
Forse potrebbe essere possibile se declinassi la frase in un modo leggermente diverso, ma che fa una differenza enorme:
«potresti per favore provare a DIVENTARE differente da ciò che sei?»
Diventare.
Cioè partire da ciò che sei e, col tempo e i passaggi che servono, diventare altro.
Qui ed ora, nel tempo, nella situazione e nel contesto in cui mi stai facendo male, non potrai essere diverso da ciò che sei.
Forse dopo, forse un domani, ma non ora.
Se io conto sul tuo cambiamento per non stare più male ora, allora devo essere consapevole che non funzionerà.
Lo devo sapere: tu mi fai male, io chiedo e pretendo che tu cambi e, nella migliore delle ipotesi, tu cambierai tra un po’ di tempo, quando riuscirai a venire incontro al mio bisogno (e solo se deciderai che lo vuoi, e solo se ce la farai).
Che pretesa ingenua dunque la mia quando ti dico: “smetti di fare così, perché mi fai male!” e penso che tu, proprio in quel momento, solo perché te l’ho chiesto, potrai smettere.
Che ulteriore enorme sofferenza inutile deriva poi dalla frustrazione di questa mia aspettativa insensata:
le ho detto quanto mi fa male, le ho chiesto di smettere, ma l’altra persona continua: allora io non valgo nulla per lei.
Ma è come se mi si rovesciasse un temporale addosso e io chiedessi al cielo «non vedi che mi sto bagnando? Smetti di piovere!» e poi cocludessi: «il cielo non mi ama, altrimenti la pioggia cesserebbe, e se il cielo non mi ama allora io non valgo nulla.»
Perché purtroppo è lì che finiamo quando ci aspettiamo qualcosa di impossibile: visto che non accade, pensiamo che ciò dipenda dal nostro valore che non è sufficiente a farla accadere.
Invece l’errore è nella nostra aspettativa: non c’entra nulla quanto valgo io. Piove perché in quel momento il cielo non può fare nulla di diverso e io, invece di chiedere al cielo di non piovere, dovrei solo sbrigarmi a cercare un riparo.
Nel momento in cui tu mi stai facendo del male, chiedere a te di fare qualcosa di migliore significa condannarmi all’aumentare della sofferenza.
Sto chiedendo all’altra persona di fare una cosa che non può fare e la sto odiando perché non la fa, facendola sentire sempre più giudicata, aggredita, non amata, percepita come cattiva.
Insomma non solo le sto chiedendo qualcosa che nell’immediato non può fare, ma le sto togliendo qualsiasi possibile motivazione a provarci in futuro.
Ecco infatti ciò che penserà l’altra persona:
«quello che sono non va bene; quando “sono ciò che sono” dall’altra parte mi arriva solo odio e pretesa; riceverò amore solo se rinuncerò a me per diventare ciò che serve all’altro.»
Cioè arriverà alla conclusione che fare una fatica terribile per migliorarsi in modo da poter essere amata, sia inutile, perché tanto sarà impossibile farsi amare davvero: «mi amerai solo se diventerò ciò che ti serve, e allora amerai la tua vittoria e la tua creazione, non amerai me.»
Ecco allora il terribile circolo vizioso che si va a creare e che intrappola la quasi totalità delle relazioni umane:
ciò che sei mi fa male;
avrei bisogno di un cambiamento immediato, ma questo cambiamento ha bisogno di premesse, condizioni che lo favoriscano, tempo, passaggi complessi, motivazione;
tu il cambiamento quindi non riesci a realizzarlo velocemente e continui a farmi male;
io non mi sento amato e ti scaglio addosso il mio vittimismo «tu sei il mio carnefice, io sono “buono” perchè ti amo e tu sei “cattivo” perché continui a farmi male»;
tu allora sei terribilmente ferito dall’essere considerato un carnefice, un cattivo che non è capace di amore, soffri nel vedere che il tuo amore, che pure c’è, è diventato invisibile, soffri nel capire che per salvare quell’amore dovresti rinunciare a te;
a quel punto, nella sofferenza reciproca, qualsiasi miglioramento e cambiamento diventa impossibile, ed inizia invece un peggioramento;
questo peggioramento aumenta il male che mi fai, e ciò aumenta il male che faccio a te;
ed ecco che prima o poi il nostro amore finirà miseramente distrutto.
Riproviamo allora a tornare in quello stesso posto, per far andare diversamente le cose:
a volte ciò che fai mi fa male:
lotterò perchè sia rispettato il mio ego,
o lotterò per stare bene insieme?
Quando lotto perché sia rispettato il mio ego chiederò a te di essere migliore.
Cioè starò scegliendo la strada di “ciò che sarebbe giusto” secondo me, ma che non è realmente possibile.
Sto scegliendo la strada facile per me e difficile per te.
La mia è facile, consiste solo nel dirti: ciò che fai è sbagliato, non farlo.
E poi mi aspetto il miracolo, e se non arriva bestemmio il dio che pretendevo esaudisse le mie preghiere.
Tu invece dovresti affrontare tutto il purgatorio del tuo cambiamento.
Ma se tu mi stai facendo male è probabilissimo che stia accadendo perché sei in difficoltà.
Io me lo dimentico, ma se stiamo interagendo è perché anche tu hai qualche ragione per cercare di prendere qualche momento di felicità vicino a me.
Tu, non importa quanto egoista puoi essere, non hai alcun interesse a farmi male.
Tu hai interesse a stare bene accanto a me, e se mi fai male è perché anche tu stai male e non stai riuscendo a fare nulla di diverso.
Basta guardarti davvero in viso mentre mi fai male: stai soffrendo anche tu, è evidente.
Quindi dovrei capire che, paradossalmente, quando tu mi stai facendo male è perché il dolore che stai provando ora è più forte della tua naturale e potentissima spinta a non allontanare le persone di cui hai anche tu bisogno.
Se mi stai facendo male è perché ora il rischio di allontanarmi è per te meno potente di ciò che ti sta facendo fare ciò che stai facendo.
Tu hai già “scavallato” dentro di te:
stai già in un “lo so che faccio male alla persona che amo e che rischio di perderla, ma ora non riesco a fare niente di diverso”.
Quindi, per tutte queste ragioni, nel momento in cui tu mi stai facendo male, non funzionerà che chiedo qualcosa a te.
Posso chiedertelo una volta con gentilezza, nella speranza che il male che mi stai facendo sia solo un equivoco, che sia davvero solo un momento transitorio di cecità.
Ma se sei nelle condizioni di smettere di farmi male, appena ti mostrerò il mio dolore, tu ti fermerai immediatamente, perché hai tue ottime ragioni per fermarti.
Se però tu, dopo che ti ho mostrato bene il mio dolore senza averci messo rabbia, non ti fermi, allora io devo assolutamente cambiare strategia.
Di solito purtroppo rimarrò lì ad insistere che tu faccia qualcosa di meglio, radicandomi sulla convinzione che io abbia il diritto di essere trattato meglio.
Cioè avrò scelto ia via di “lottare perché sia rispettato il mio ego”.
Non funzionerà.
Staremo sempre peggio e proprio la mia pretesa che sia rispettato il mio ego, farà sì che né io riceverò risposta ai bisogni, né il mio ego riceverà il rispetto che cercava.
Oppure potrò scegliere la via di “lottare per stare bene insieme”.
Questa via non CHIEDE A TE di essere migliore”, ma CHIEDE A ME di fare qualcosa che possa aiutarti a farti essere migliore.
Come posso aiutarti a non farmi più male?
Questa è la via che, invece di lottare per il proprio ego e per affermare il diritto alla via facile per me (ma difficile per te), sceglie invece di lottare per stare bene.
Lottare per essere felice, anziché per avere ragione, come recita la famosa frase di saggezza orientale.
Da qui in poi cambia tutto.
Lascio andare il mio orgoglio, lascio andare il mio illusorio senso di diritto di ricevere cose impossibili, e mi calo nel reale.
Ciò che fai mi fa male, cosa posso fare, rispettandoti, per aiutarti a non farmi più male?
Per prima cosa, se piove, sta a me togliermi dalla pioggia, senza pretendere che non piova.
E poi, una volta che mi sono messo fuori dalla portata dei tuoi colpi, cosa posso fare per farti venire voglia di DIVENTARE differente, di essere migliore?
Dandoti il tempo di farlo.
Dandoti il modo di farlo.
Dandoti le ragioni per farlo.
Quindi continuando ad amarti mentre tu mi fai male.
Continuando a credere, proprio mentre non smetti di farmi male, che tu invece smetteresti subito, se potessi.
Continuando ad avere fede in te, in me e nel nostro amore.
Quando mi stai facendo male potrei lottare per far rispettare il mio ego, oppure potrei lottare per stare bene insieme.
Se voglio arrivare un giorno a stare bene insieme a te, allora adesso devo rinunciare alle pretese sui miei presunti diritti, e cercare semplicemente quale sia la cosa migliore da fare per far diminuire il nostro reciproco dolore.
Amore mio…
Scusami se mi allontano un poco,
non sono arrabbiato, ma sono dolorante e senza forze.
Mi allontano per capire cosa sta andando storto tra noi.
Ti prometto che torno presto,
appena avrò qualcosa di buono da tentare.
Qualcosa che potrebbe aiutarci a trattarci di nuovo con amore.
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Se chi ha letto fino qui mi scrive nei commenti “letto tutto”, mi fa davvero felice.
Grazie di cuore, per chi vorrà anche dirmi altro.
Vi chiedo di non copiare e incollare.
Grazie quando condividete i post della pagina.
Bruno
Immagine:
Frida Khalo: L’amoroso abbraccio dell’universo, 1949.

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