IL GRANDE INGANNO
In una relazione sentimentale tendiamo a far viaggiare appaiati il concetto di amore e il concetto di attrazione.
Pensiamo addirittura che siano in rapporto direttamente proporzionale tra loro:
più attrazione c’è, più potenziale d’amore c’è;
più amore c’è e più si incarnerà in attrazione.
Ma siamo certi che abbia senso fare questo abbinamento?
L’attrazione è collegata alla “qualità percepita”.
Sono attratto da ciò che mi risulta bello, speciale, di valore, risorsa.
E esserne attratti significa proprio che “lo voglio”.
Voglio usufruire in qualche modo di ciò che percepisco come qualità preziosa e quindi cerco vicinanza, proprio per poterne godere.
Questa è l’attrazione.
L’attrazione, insomma, è inevitabilmente e imprescindibilmente connessa a una forma.
Quando c’è una certa forma desiderabile per noi, noi ne siamo attratti.
Siamo attratti da quella precisa forma e, se fosse diversa, facilmente non ci farebbe lo stesso effetto.
Noi siamo attratti da qualcuno, quando alcune sue FORME ci colpiscono.
E se quel qualcuno ha MOLTE forme che ci colpiscono, allora noi lo riteniamo PORTATORE di forme attraenti, per cui la nostra attrazione generalizzata per quel qualcuno cresce.
Se quel qualcuno cambiasse quelle forme, ecco che l’attrazione scemerebbe insieme allo sparire delle forme che ci attraevano.
Hai una pelle meravigliosa, mi attrae, vorrei guardarla ed accarezzarla di continuo.
Ma se quella pelle si raggrinzisse non mi farebbe più lo stesso effetto.
Mi piace passare il tempo con te, perché sei sempre delicato e gentile.
Ma se diventassi rigido e sgarbato, non avrei la stessa voglia di passare del tempo con te.
Sei divertente, stimolante, emozionante, mi sento bene quando ti sto vicino.
Ma se tu cadessi in depressione diventerebbe pesante starti vicino e il tuo malessere contagerebbe anche me.
L’attrazione è collegata a forme desiderabili.
Desiderabili da chi viene attratto.
Se spariscono le forme, sparisce l’attrazione.
Insomma l’attrazione è SETE di qualche acqua desiderabile.
Se l’acqua non fosse desiderabile, non mi attrarrebbe.
Se l’acqua fosse stata desiderabile nel passato, ma non lo fosse nel presente, non mi attrarrebbe più.
E l’amore?
L’amore è desiderio di una forma?
È sete di qualcuno?
È un attaccamento che svanisce quando le forme si deteriorano o cambiano?
L’attrazione è sete di una forma.
L’amore è legame con un’essenza.
Un legame che rimane, o addirittura si rinsalda, man mano che l’essenza, per via del flusso, continua a trasmutarsi in forme sempre diverse (e non tutte così attraenti).
L’amore di un genitore verso un figlio può essere un esempio di questo tipo di sentimento.
In quel caso potremmo descrivere l’amore come:
«Emozionante sentimento di connessione profonda, che produce un collegamento empatico fortissimo con un’altra persona, tanto che il suo “esserci al mondo” e il suo “esserci per noi” (sia come vicinanza concreta, sia come sentimenti) ha un immenso impatto sul nostro sentire. Il legame empatico può essere così profondo che alcune volte il benessere dell’altra persona può diventare più urgente in noi del nostro stesso benessere».
Questo sentimento non è “sete”.
Al contrario: questo sentimento è una specie di “fonte”.
Una fonte che sgorga, irrora, e poi, una volta uscita, disseta sia la terra da dove è sgorgata, sia la terra a cui giunge.
Ma a pensarci bene noi, per il partner, sentiamo entrambe le cose.
Anzi, in qualche modo, è proprio quella la differenza tra una relazione sentimentale e una affettiva:
per i nostri cari proviamo Amore, per i nostri partner proviamo sempre Amore, ma con IN AGGIUNTA anche Attrazione.
Qui adesso va chiarito allora anche il concetto di attrazione, perché ovviamente proviamo una certa attrazione anche per le persone a cui vogliamo bene, figli, amici, ecc. Cioè siamo “attratti”, nel senso che anche con loro abbiamo una spinta a stare vicini, condividere scambi piacevoli e ricevere doni di vicinanza e affettività.
In questo le due attrazioni potrebbero somigliarsi.
Ma per i partner proviamo anche una attrazione sessuale che esiste solo in questo tipo di rapporto tra pari.
Però a guardare bene, la peculiarità dell’attrazione che proviamo per il partner non si limita alla sfera sessuale. Dal partner speriamo di ricevere anche altri “doni di vicinanza” esistenziali. Alcuni di questi però sono doni che, per varie ragioni, non ci verrebbe in mente di andare a chiedere alle “persone care” (amici e parenti).
Potremmo dunque dire che, verso i partner, proviamo un’attrazione più “ampia ed intensa”, cioè vorremmo averli vicini e ben disposti verso di noi così da poter ricevere alcuni doni che desideriamo moltissimo e che non potremmo prendere altrove.
Insomma l’attrazione è fortemente collegata ai nostri desideri e bisogni. Sono attratto da te, perché tu mi sembri una risorsa incredibilmente preziosa al fine di dare risposta ad alcuni miei speciali desideri e bisogni.
Per esempio il bisogno di un “certo tipo di emozioni”.
Se trovo in te una grande bellezza, e sento che tu la trovi in me, nell’attimo in cui ci guardiamo profondamente negli occhi provo emozioni diversissime da quelle che potrei provare per i miei cari.
Guardando negli occhi loro, potrei provare amore.
Guardando negli occhi te, provo sì amore, ma anche un’energia profondamente diversa: un’attrazione fortissima.
Quindi eccoci ad aver esplicitato qualcosa che sentiamo tutti interiormente:
in una relazione sentimentale vanno a confluire due cose differenti:
l’attrazione, come “sete” di certe precise forme;
e l’amore, come fonte, come legame con una essenza.
Tutto a posto, allora.
No, per niente.
Perché sfugge che questi due sentimenti, amore e attrazione, possono finire per trovarsi tra loro in rapporto INVERSAMENTE proporzionale.
Cioè a volte, purtroppo, più attrazione c’è, e meno amore ci può essere, e viceversa.
Perché l’attrazione valuta una forma, e quando non è adeguata la scarta o ne cerca una maggiormente adeguata.
L’amore si lega all’essenza, e mai si sognerebbe di “diminuire” in presenza di un “deterioramento” delle forme.
L’attrazione è collegata alla qualità percepita rispetto a propri bisogni e desideri.
Se le tue forme non riescono più a dare risposta ai miei bisogni e desideri, è naturale che l’attrazione scemi. È naturale che io non sia più contento della vicinanza con te.
«Non mi sento più felice vicino a te, quindi ha senso che me ne vada».
«Ti credevo essere in questo modo, invece sei in quest’altro, e non mi piaci».
«Non sei più come prima! Prima mi piacevi, ora non provo più gli stessi sentimenti».
«Perché dovrei ancora affaticarmi e soffrire per questa nostra storia, se non ricevo più ciò di cui sento il bisogno?»
Queste frasi sono molto sensate se si sta parlando di attrazione.
Ma ci sembrerebbero sensate in bocca ad un genitore, verso i propri figli?
Ovviamente no.
Da figli ci sentiremmo non amati, usati, rifiutati se il nostro genitore si ponesse così.
Questo se ci identificassimo in chi riceve questi atteggiamenti.
Eppure, a ben vedere, spesso cadiamo anche noi, verso i nostri figli, o verso i nostri genitori, in sentimenti del genere.
In sentimenti che dicono: la tua forma non mi piace e quindi il mio trasporto per te è naturale e giusto che sia minore.
Purtroppo la spinta a guardare tutto attraverso la lente dei propri bisogni e desideri è potentissima, e forse, nella società moderna, con l’enfatizzazione dell’individualismo, questa spinta è aumentata ancora di più.
Siamo più capaci d’amore?
Per i nostri figli, per i nostri genitori, per i nostri partner?
Siamo capaci di un “legame con l’essenza”?
Legarci ad una essenza nella buona e cattiva sorte, in salute e malattia, in bellezza e disfacimento, in successo e caduta?
Immaginiamo una situazione del tipo di questi film horror in cui persone sconosciute devono affrontare terribili prove in coppia con il rischio della vita.
All’inizio le persone si sceglieranno in base “all’attrazione”. Chi ha qualcosa da offrire, per esempio è veloce, cercherà di unirsi con chi ha qualcos’altro di buono da offrire, per esempio è forte.
Verrà creata allora un’alleanza: andiamo insieme, così avremo maggiori possibilità.
Questa è attrazione.
Scelgo una forma buona per me e cerco di tenermela vicino.
Ma se a un certo punto il mio partner si rompesse una caviglia?
Cosa seguirò: l’attrazione o l’amore?
Potrei dirgli: «ti ho scelto perché eri attraente (alcune tue qualità le percepivo come risorse per me), ma ora mi conviene andare da solo o cercare un altro partner».
Sarebbe sensato, molto sensato.
Ma questo di certo non sarebbe amore, ma attrazione.
L’amore è alleanza. Non è sete.
L’amore invece dice: «non importa che ora non mi sembri più una risorsa. Il punto è che ora mi sono affezionato a te e quindi o ce la faremo insieme o non ce la faremo insieme: non sono più le tue forme e fare la differenza in me, ma il legame che abbiamo creato».
Questo forse ci mostra in modo più evidente di quanto spesso, nelle nostre relazioni affettive (parenti, amici) “cadiamo fuori dall’amore”, per entrare nel mondo della valutazione.
Amore e valutazione non vanno bene insieme.
Ti amo perché sei mio figlio e basta.
Ti amo perché sei mia madre, mio padre.
Amo la tua essenza riuscendo a guardare oltre le tue forme che saranno in incessante mutazione.
Ti amo perché sgorga in me l’amore per questo nostro legame.
Non: “ti amo a condizione che…”
A condizione che tu sia come vorrei tu fossi.
A condizione che mi tratti come vorrei essere trattato.
A condizione che tu mi dia ciò che desidero ricevere.
“A condizione che” è il mondo della valutazione, delle forme, di un meglio e di un peggio, del tenere e dello scartare.
Tutte cose sensatissime in migliaia di occasioni.
Ma dobbiamo accorgerci che o siamo nella valutazione, o siamo nell’amore, ma non si può stare contemporaneamente in entrambi i luoghi.
L’attrazione dice: ti desidero perché sei desiderabile.
L’amore dice: ti amo anche quando non sei desiderabile.
Non ti amo perché sei bello, forte, capace, generoso.
Ti amo perché ho deciso di farti entrare nel mio cuore.
Questo è il “grande inganno”.
Perché l’attrazione sembra essere la “porta dell’amore”.
E a volte può certamente essere l’inizio del cammino.
Ma il cammino resterà per sempre un cammino fondato sulla “sete” se io non capirò che ad un certo punto sono io che devo “spostarmi da qualche altra parte dentro di me”.
Continuiamo ad aspettare che qualcosa di esterno ci dica: «ora sì! Ora c’è tanto di quel valore che puoi iniziare ad amare!»
Ma fin quando staremo in questo pensiero non potremo amare mai.
Inizieremo ad amare solo quando rinunceremo all’attrazione.
Non come momento che capita. Quello va benissimo. Ma quando rinunceremo all’attrazione come presupposto fondante.
L’attrazione verrà e andrà via, continuamente, con il susseguirsi di flusso e forme.
Va bene così, non è quello il punto.
Ma io non lego il mio viaggio al tuo per attrazione, bensì lo lego per amore.
L’amore non inizia quando percepisco un valore tale da provare un sentimento fortissimo.
Quello è un grandissimo inganno.
Quella è attrazione.
L’amore inizia quando io decido di aprire il mio cuore ad un legame senza più valutazione.
Quando mi dono ad una alleanza affettiva.
Quando io sarò pronto ad aspettare la fine vicino a te, con la tua caviglia slogata.
Quando non mi interessa più essere felice, essere salvo, vincere, se questo significa perderti.
Se questo significa valutarti, rimproverarti, volerti diverso, desiderare certe forme di te e odiarne altre.
L’amore non inizia quando qualcosa di meraviglioso rapisce il nostro cuore.
Amore non è amare lo straordinario.
L’amore inizia quando noi apriamo il nostro cuore all’ordinario.
Ed è questa apertura che lo trasforma in straordinario.
Amare è accorgersi di avere davanti l’ordinario e trasformarlo, dando senza riserve in dono il nostro cuore, in straordinario.
Non c’è nulla di sbagliato nell’Attrazione.
È bellissima, è vitale, è emozionante, è intelligente.
Ti desidero perché sei qualcosa di meraviglioso.
L’attrazione va benissimo ma è importante non essere ciechi.
Se amerò nel mondo dell’attrazione, riceverò lo stesso tipo di amore.
Ti amo finché sarai desiderabile, sarò amato finché sarò desiderabile.
La cosa più insensata che possiamo fare, e che continuamente facciamo, è quella, senza accorgercene, di offrire un “amore a condizione che”, ma voler ricevere un “amore senza condizioni”.
Quanta ammarezza si accumula nei nostri cuori perché non ci sentiamo amati, mentre siamo sicuri che stiamo amando.
Solo che stiamo amando ad intermittenza, emozionati ogni qual volta la forma dell’altro ci fa felici ed amareggiati ogni volta che non lo fa.
Stiamo amando ad intermittenza ma poi ci sentiamo dilaniati quando percepiamo l’intermittenza dell’altro.
L’amore non è cercare il valore in una forma fuori e poi conquistarlo e difenderlo con le unghie e con i denti.
Perché arriverà l’impermanenza della vita a sbriciolarcelo tra le dita, un amore vissuto così.
L’amore è guardarci intorno e vedere chi c’è.
E poi con chi c’è, pieni di gratitudine per questo ordinario che sta vicino a noi e che, a ben vedere, ordinario non è mai, aprirgli il nostro cuore.
Non è la sfortuna a tenerci lontano dall’amore: mi sta impedendo di incrociare forme capaci di evocare in me l’amore e che sappiano amarmi.
È la nostra postura, a tenerci lontano dall’amore.
Finché rimarremo nella postura dell’attrazione, non potremo assumere la postura dell’amore, e finché non lo faremo riceveremo attrazione, ma non amore.
Possiamo certamente partire con l’attrazione, ma poi, prima o poi, starà a noi decidere:
Vogliamo desiderare?
O vogliamo amare?
È questo il grande inganno da cui è fondamentale uscire:
L’amore non è avere sete, né è la transitoria immensa gioia di trovare un ruscello d’acqua meravigliosa a cui abbeverarci.
L’amore è trasformarci in fonte.
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Grazie a chi mi fa sapere che ha letto fin qui.
Grazie per i commenti.
Vi prego di non copiare e incollare, gentilmente.
Grazie per le condivisioni.
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Foto di Atahan Demir: https://www.pexels.com/…/luce-mare-natura-tramonto…
2 risposte su “Il grande inganno”
Mamma mia Bruno
Non la ricordavo così potente…..
Tana… Ho sentito questo finché leggevo, qualcosa è stato stanato….
Ti abbraccio
grazie adele…