Cosa arrivo a perdere per non perderti
Molte volte, nelle nostre relazioni ci percepiamo generosi in favore dell’altro.
Accade spesso infatti, stando vicini, che una cosa che tu desideri è purtroppo incompatibile, in quella situazione, con una cosa che vorrei io.
Magari tu vorresti andare in montagna, mentre io vorrei andare al mare.
Magari tu domenica vorresti andare fuori, mentre io vorrei andare dai miei.
Magari tu vorresti fare qualcosa per conto tuo, mentre io speravo di fare qualcosa insieme.
Spesso accade che io decida di venire incontro a te.
Rinuncio a quella cosa mia, per farti avere la tua.
Perché a me fa felice, saperti felice.
E mi piace sapere di essere una persona che sa rinunciare a qualcosa, per amore; sapere di essere una persona capace di generosità insomma.
A volte però le cose sono più importanti.
A volte si tratta di accettare un lavoro che ti terrà spesso fuori, mentre io ti avrei voluto qui.
A volte si tratta di come ci stiamo dividendo il peso delle cose quotidiane.
A volte si tratta di come gestire i soldi, rischiando che uno dei due si trovi più in difficoltà.
A volte si tratta di decisioni fondamentali che incideranno sulla vita di entrambi.
Spesso anche qui accade che io decida di venire incontro a te.
Ma è generosità la mia?
Forse avrò anche generosità, ma di certo non ho lungimiranza.
Se io mi sto sacrificando, non sto facendo un favore al nostro futuro insieme.
C’è una regola ineludibile lì dove è in campo l’affettività:
si è felici insieme solo se si è felici entrambi.
Non è possibile scappare da questa legge di relazione.
Perché se stai male tu vicino a me, di certo non riuscirò ad essere felice io.
E se starò male io, prima o poi questa cosa ricadrà anche su di te.
In amore può forse avere senso sacrificarsi per qualcosa di piccolo e passeggero, ma accettare che si creino nel rapporto equilibri iniqui e sbilanciati, accettare cose che non ci fanno bene, significa soltanto bendarsi gli occhi di fronte alle crepe di un crollo imminente.
Quando lo facciamo, e purtroppo accade spesso, non lo facciamo per generosità, ma per paura.
Rinunciamo a qualcosa, la cui rinuncia ci sembra sopportabile, per paura di perdere qualcos’altro, la cui rinuncia ci sembra insopportabile.
Rinuncio a perseguire un’equità in quella certa cosa, perché ho paura che mi toglieresti quest’altra cosa, a cui tengo troppo.
Ho paura che per perseguire un mio benessere, tu possa decidere di sottrarmi presenza.
Ho paura che, costringendoti a qualche scomodità per stare bene io, tu poi abbia meno ragioni per stare accanto a me, per darmi i tuoi doni, per volermi bene.
Ho paura che per voler essere più felice con te, io mi condanni a stare senza di te.
Non so lottare per alcune piccole cose, importanti e a volte giuste, perché ho paura di perdere cose più grandi, e, così facendo, prima o poi perdo tutto.
Perché accettare nella nostra vicinanza ciò che mi è insostenibile farà piano piano salire il dolore.
E alla fine, prima o poi, il dolore si trasformerà in rabbia.
Perché penserò: ma non vedi quanto sto male? Non vedi quanto è ingiusta questa cosa? Se mi ami, perché non fai qualcosa?
Il problema è che no, l’altro non lo vede.
E non lo vede perché, se riflettessi con onestà, mi accorgerei che io gliel’ho nascosto.
Gli ho fatto doni che non potevo sostenere e li ho fatti col sorriso sul viso, percependomi altruista.
Quando qualcosa mi faceva male, nascondevo sul mio volto le fitte di dolore, per lasciarti godere di quella felicità che ti regalavo.
Ho lasciato che tu ti abituassi alla comodità che apparecchiavo per te.
E poi, dopo che il dolore per me è diventato insostenibile, ho trasformato improvvisamente un sacrificarmi silenzioso e occultato, in un lamentarmi astioso su quanto tu sia indifferente alla mia sofferenza.
Non mi accorgo che quando vengo da te come vittima, sto dicendo che tu sei il carnefice.
Non mi accorgo che prima ti ho messo in mano la frusta che mi flagella, prima ho sostenuto col sorriso i primi colpi, dicendoti che andava tutto bene, e poi improvvisamente ho cambiato il gioco mettendoti nudo davanti allo specchio dei miei occhi: sei un carnefice, non vedi?
Non mi accorgo che è proprio questo mio atteggiamento a renderti di nuovo cieco.
Prima eri cieco perché ti nascondevo i miei sacrifici, poi diventi cieco perché improvvisamente te li sbatto in faccia, rivelandoti di colpo il tuo disinteresse, il tuo egoismo, il tuo poco amore.
Ma è vero che si tratta della mia generosità di fronte al tuo egoismo?
Il tuo è davvero egoismo? O forse si tratta solo di disattenzione, di impreparazione a comprendere i miei silenzi, di incapacità a scrutare ciò che è sotto la superficie.
Forse semplicemente non hai imparato ancora a farlo, forse nessuno te lo ha ancora insegnato.
Forse, a volte, non lo so fare neanche io con te.
Vedo ciò che vedo, ma chissà quante cose non vedo.
E la mia è davvero generosità, oppure è vigliaccheria?
Forse ho così tanto paura di perderti, di perdere alcune cose che mi sembrano vitali, da accettare di nascosto anche ciò che è inaccettabile.
E allora forse non si tratta di io che sono vittima e tu che sei il carnefice.
Forse si tratta di essere entrambi vittime della nostra umanità.
Dei nostri limiti di esseri umani, nel guardare e nell’agire.
A volte non è la cattiveria a uccidere i nostri amori.
A volte non è il poco amore, a uccidere il nostro amore.
A volte basta la cecità.
Sono quelle spine invisibili che non vediamo che ci stanno logorando sotterraneamente.
A me e a te.
A volte ciò che uccide i nostri amori è solo la paura.
La paura di non poter fare a meno.
Ma certo che possiamo fare a meno.
Prima tu non c’eri, ed io ce la facevo lo stesso.
Se un giorno non ci sarai, farà molto male, ma ce la farò lo stesso.
Solo se tornerò a sentire che si, ne posso fare a meno, solo allora riconquisterò quel margine di manovra per risanare il mio amore.
Dovremmo capire che non è per niente certo che il nostro desiderio dell’altro si avveri.
E così, per abbrancarci ciecamente a quel desiderio, rinunciamo alla qualità dello stare con l’altro.
Vogliamo l’altro a qualunque costo.
Ma poi il costo che abbiamo accettato da soli di pagare si rivela troppo alto e noi finiamo lo stesso per perdere la persona che amiamo.
Prima dentro di noi, perché iniziamo a pensare male di lei.
E poi fuori, perché l’altro si sente terribilmente aggredito e finisce per fuggire o contrattaccare.
Certo, alle volte l’altro non avrà voglia di rinunciare ad alcune sue comodità. Alle volte non vorrà perdere certi privilegi che si sono creati per lui dentro la relazione.
È normale però. Nulla di crudele, ma solo di umano.
Ecco perché per fargli accettare di rinunciare a quei vantaggi conquistati ci sarà bisogno di fermezza, pazienza, tenacia e determinazione.
Ma ci sarà bisogno anche di amore però.
Se andrò ad affrontare le ingiustizie che si sono create (e che io ho contribuito a creare) indossando il mio vittimismo, che ricadrà come una accusa sull’altro, ecco che l’altro non sarà molto motivato ad ascoltare le mie difficoltà.
Perché sentirà la nostra rabbia, non il nostro amore.
E con la rabbia ci si viene contro.
È solo con l’amore che ci si viene incontro.
Quindi si… Prima o poi dovremo trovare il coraggio di andare dall’altro a chiedergli per favore, e con amore, di rinunciare ad alcuni dei privilegi che gli abbiamo regalato precedentemente.
Ci eravamo sbagliati.
Gli avevamo fatto regali che poi non eravamo in grado di mantenere.
«Scusami.
So che nel dirti questo rischierò di perderti, e questa cosa mi terrorizza.
Però so che non ce la sto facendo.
Perdonami: ti ho fatto doni che non riesco a sostenere.
E sto crollando.
E la cosa peggiore è che per la fatica e il dolore che vivo, sto perdendo la capacità di volerti bene, di trattarti bene, di pensare bene di te.
Questo non lo voglio…
Non lo voglio più.
Ho bisogno che alcune cose cambino in modo che il nostro amore possa rifiorire e durare.
Se non saprai ascoltarmi, capirò.
Se ti arrabbierai, capirò.
Se non mi vorrai più, starò malissimo, ma capirò.
E saprò aspettare che tu, senza sentirti obbligato da nulla, possa ripensare a noi».
Forse lì, senza di me, senza i miei vittimismi, le mie richieste rabbiose, senza le mie pretese, tu potrai guardare con sguardo lucido.
Forse lì anche tu riscoprirai quanto mi vuoi ancora e quanto vuoi che anche io sia felice e quanto hai voglia anche tu di favorire il mio benessere, la mia felicità.
Forse dopo tutto questo ci incontreremo di nuovo e sapremo finalmente costruire un amore felice, equo, sostenibile.
Un amore senza privilegi.
Un amore senza ingiustizie.
Un amore senza sacrifici.
Un amore, insomma.
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Chi ha avuto la tenacia di arrivare fin qui, se me lo fa sapere, mi fa un gran dono.
Grazie di non copiare e incollare.
Grazie per commenti e condivisioni.
Bruno
Image by Sabine Van Straaten on Unsplash
2 risposte su “Per non perderti”
Sono arrivata fin qui ….è tutto ciò che ho letto corrisponde alla mia vita coniugale. Credo purtroppo di non poter più rattoppare. Grazie per il tuo sapere.
claudia… ti leggo solo ora, scusami. Mi dispiace per ciò che mi dici e ti sono vicino… Pirtroppo sono tante le persone aq cui va così… <3